mercoledì, aprile 26, 2006

Lettera a mio padre

Oggi mettendo a posto tra le mie cose ho ritrovato e riletto una lettera che ho scritto il 21 dicembre del 2004 a sei mesi dalla morte di mio padre.
Rileggendola ho pianto come ho pianto il giorno che l'ho scritta, è una cosa privata ma mi fa piacere pubblicarla in questo blog.
Caro papà, sono sei mesi che non sei più tra noi.A volte mi sembra che tu manchi da più tempo e questo mi fa paura, come se già di avessi dimenticato.
Fortunatamente il più delle volte ho l’impressione che tu sei ancora con noi.
Mi capita di passare davanti al bar dove eri solito giocare a carte e mi volto per cercarti e penso: “oggi non è venuto a giocare”, quando stiamo per metterci a tavola mi viene da dire: “ma papà non è ancora rientrato?”.
In questi giorni che precedono il Natale si avverte maggiormente la tua assenza, abbiamo messo un presepe come simbolo della nascita di Gesù ma non abbiamo fatto l’albero.
Ogni tanto ripenso a quando ero bambino, ogni anno portavi un albero da addobbare e il muschio per il presepe, in particolare mi ricordo una volta che portasti un albero secco senza foglie coi rami contorti, è stato il più bell’albero di Natale, soprattutto quando poi sono arrivati gli alberi artificiali.
Addobbare l’albero fare il presepe era sempre una gran gioia, per te è sempre stato un momento importante. Non era solo un simbolo era la famiglia che si ritrovava ed è stato così fino all’anno scorso. Eri fiero di averci tutti insieme, soprattutto i nipotini.
Stanno crescendo anche loro e il tuo più grande rammarico lo so è quello di non aver potuto fare di più per loro, soprattutto per gli ultimi tre che a causa del tuo problema che ti ha costretto a vivere i tuoi ultimi anni su una sedia rotelle non hai potuto prenderli in braccio per farli passeggiare come hai fatto con Laura.
Dovevano essere gli anni più spensierati per te invece non è stato così, come dicevi quando sentivi parlare di miracoli, “ecco tutti hanno un miracolo a me non potrebbe crescermi la gamba?”, a volte la prendevi a scherzare a volte ti arrabbiavi.
Eppure ancora oggi in tanti quando mi salutano e mi parlano di te non fanno altro che dirmi della tua grande forza di volontà di come avevi accettato e superato la tua menomazione e di come salutavi tutti sempre sorridendo, credimi papà non è come dicevi tu quando moriva qualche personaggio pubblico: “quando era vivo gli davano contro, ora da morto tutti ne cantano le lodi”, non credo che nessuno nemmeno quando eri vivo poteva dire qualcosa contro di te.
E quando ormai vivere solo con una gamba era diventata una cosa normale o almeno l’abitudine aveva fatto si che tutto era normale, il Signore ha voluto donarti un’altra sofferenza, una nuova malattia, quella che ti ha condotto in breve tempo a Lui, a te che l’unica cosa che ti faceva paura era il dolore fisico. A volte penso che forse poteva risparmiartelo, di sofferenze ne avevi avute tante, avrebbe potuto portarti a Se in altro modo, anche se poi la morte quando arriva è uguale e da sempre lo stesso dolore.
Ci sono due passi della Bibbia che ricordo e riguardano Giobbe: il primo dice “Nudo uscii dal seno di mia madre, e nudo vi ritornerò. Il Signore ha dato, il Signore ha tolto, sia benedetto il nome del Signore!", il secondo riguarda la malattia di Giobbe: “Giobbe prese un coccio per grattarsi e stava seduto in mezzo alla cenere. Allora sua moglie disse: "Rimani ancor fermo nella tua integrità? Benedici Dio e muori!". Ma egli le rispose: "Come parlerebbe una stolta tu hai parlato! Se da Dio accettiamo il bene, perché non dovremo accettare il male?".
Non per tutti però è facile essere come Giobbe.
Papà mi manchi, mi mancano le tue carezze, mi mancano i tuoi rimproveri, ci sono stati anche momenti di scontro e di confronto, ma credo sia giusto così, per alcune cose avevamo modi di pensare diametralmente opposti.
Tu sei cresciuto in anni difficili, il fascismo, la guerra, il dopoguerra e la ricostruzione, io invece sono nato e vissuto nel benessere, quello che tu e la mamma mi avete dato e di cui vi sarò sempre grato, nell’era tecnologica, come dicevi: “vorrei tanto capire che fai a questo computer, divertimento o lavoro?”, vedi adesso questo computer mi serve per scriverti, anche per la mia pessima scrittura, e internet mi serve per rendere pubblica questa lettera.
Quante altre cose vorrei dirti, ma non ne ho più la forza, voglio solo dirti che ti voglio bene, che vorrei essere per Francesco un buon padre come tu lo sei stato per me.
Grazie papà per tutto quello che hai fatto per noi, grazie per essermi ancora vicino, lo so che nei miei momenti difficili posso andare a cercare nel passato una tua carezza o un tuo consiglio.

Con affetto.
Condividi

2 commenti:

Anonimo ha detto...

... senza parole...semplicemente un abbraccio... Mapi

Anonimo ha detto...

Non so il tuo nome...non so la tua vita e nemmeno riesco ad immaginare il tuo aspetto!So solo quanto si sta male e quanto sia dura nn mettere il suo regalo sotto l'albero come hai fatto x anni!So come guardandoti allo specchio,ti accorgi che lui e'in te...sorridi x vedere il suo sorriso,ti guardi x rivedere i suoi occhi....
Sai...io lo faccio tutti i giorni xe' mi manca da morire...e se fossi una lacrima,vorrei cadere solo dal viso di chi piange x gioire e nn x chi soffre come noi! un forte abbraccio davvero dal cuore!!! Valentyna