sabato, maggio 29, 2010

Esercizio n. 2

Guardavo lontano
uomini stanchi e lenti
andavano verso l'ignoto.
Rimasi per un attimo immobile, poi
decisi di seguirli.
Andavamo insieme
verso la vita
o la morte? Condividi

mercoledì, maggio 26, 2010

Esercizio 1

Poi all'improvviso
Io sentii un gran silenzio
O forse era la mia immaginazione.
Tra i rami del ciliegio
Riposava un piccolo uccello
Aveva l'aspetto impaurito
Volavano intorno a lui
Alcuni grossi mosconi
Gli sfilavano accanto
Lo spaventavano
Infastidivano il suo riposo
Opprimevano la sua libertà. Condividi

domenica, maggio 23, 2010

Parole

Confuse
a volte senza senso
ma spesso arrivano
per rapirti il cuore.
A volte, come il mare in tempesta
che si infrange sugli scogli
o erode coste,
straripano i miei pensieri.
A volte, come la roccia ha bisogno del sole
per fendersi e aprirsi all'aria,
la mia anima
ha bisogno di una nuova emozione
per scaldarsi e dischiudersi
e lentamente far fluire
i miei pensieri. Condividi

venerdì, maggio 21, 2010

Senza fine

Guardo nei tuoi occhi
per cercare i silenzi
della mia anima.
Mi perdo ancora. Condividi

martedì, maggio 18, 2010

Lettera alla ragazza che eri, ovvero voltarsi indietro e non ritrovare i propri anni.

Pensare al passato non è una cosa che generalmente faccio ma qualche giorno fa, riflettendo sui tuoi anni e sui miei, ho ripensato ad alcune parole non pronunciate e per un attimo sono tornato indietro per cercare di vedere, come diceva una vecchia canzone, di nascosto l’effetto che fa.

Molti anni fa la vita l’avevo paragonata ad un viaggio in treno:

Il treno

Il treno corre veloce
si lascia dietro
chilometri di strada ferrata
dai finestrini ammiri
stupendi paesaggi
ti porta lontano
il treno
dall’altra parte del mondo
a scoprire nuova gente.
La tua vita
è come un treno
che viaggia
su di un solo binario
ed ha una sola fermata
se guardi dai finestrini
vedi la tua vita
allontanarsi
vedi tutte le occasioni
perdute
e le occasioni
sciupate
non rimpiangerle
anche se sai
che non ritorneranno
e non farti prendere dalla tentazione
di fermare il treno
perché da quel binario
ne passa uno solo.

Delle occasioni mancate credo la vita sia piena, guardare dal finestrino del treno lo faccio spesso per vedere, come dici tu, il “bianco” e il “nero”.

La mia vita ha molto nero, ma sin da piccolo ho imparato, con la mia fantasia, a trasformarlo in mille colori. Rifugiarmi in altri mondi mi ha aiutato spesso a capire e a riflettere, dentro di me trovavo le soluzioni, ma portarle fuori era sempre difficile.

A volte mi sembrava quasi di disturbare e restavo in silenzio e forse i troppi silenzi hanno un po’ “condizionato” la mia vita.

Quindi se oggi mi volto per guardare indietro, non solo non trovo i miei anni, ma vedo tante parole non pronunciate, tanti passi fatti indietro per non mettermi in prima fila; preferivo l’invisibilità.

Qualche rimpianto sicuramente ce l’ho se ripenso ad alcuni fatti e ad alcuni momenti del passato, ma poi mi guardo attorno e gioisco per quello che ho ed ho avuto e quindi i rimpianti diventano ricordi.

Preferisco guardare avanti e cercare magari di imparare dal mio passato, anche se ancora oggi sono spesso i silenzi ad avere la meglio. Ormai mi ci sono abituato e tutto mi sembra così normale che non ci faccio più caso e dentro di me sorrido.

Pensare a ciò che non ho avuto e a ciò che avrei potuto avere mi riporta a riprendere il gioco che facevo da piccolo e giocando ridisegno la mia vita, sfioro con le dita volti sconosciuti o non conosciuti abbastanza, a volte dimenticati o abbandonati in fretta.

Questa è la mia vita, forse più sognata che vissuta, guardo al passato per ritrovare ricordi, penso poco al futuro perché non mi appartiene, cerco di vivere il mio presente godendo di quello che mi offre.

Potrei riassumerlo nel ritornello della "Canzone di Bacco" di Lorenzo de' Medici, ma preferisco tornare bambino e farlo con una citazione di Kung Fu Panda (probabilmente di derivazione confuciana) “Ieri è storia, domani è mistero, oggi è un dono, per questo si chiama presente”.


Grazie per avermi ascoltato, con affetto. Condividi

Lettera a mio figlio

Caro Francesco è la seconda volta che scrivo qualcosa a te o per te, la prima non c’eri tu ora non ci sono io.

La prima è stata questa poesia, avevo vent’anni

A te che un giorno
dal mio amore
nascerai
Lo so che il mondo
nel quale verrai
non è certo bello
ma tu non farti prendere
dall’illusione
di una facile avventura
segui sempre
la tua strada
e vedrai che il mondo
ti sembrerà almeno abitabile
anche se gli altri
cercheranno di distruggere
i tuoi sogni
tu lotta sempre
con tutte le tue forze
un’ultima cosa ancora
e poi ti lascio la tua vita:
non farti legare ai polsi
nessuna catena.

Adesso lo faccio con questa lettera.

Oggi è il giorno del mio funerale o almeno credo, da quando non ci sono ho perso la cognizione del tempo e dello spazio. Chissà com’è il tempo, sai ho sempre pensato che il giorno del mio funerale pioveva. Non chiedermi perché, non saprei risponderti.
Posso solo dirti che la mia morte l’ho immaginata molte volte chiedendomi come sarebbe stata: naturale, violenta, sofferta, ma c’era sempre la pioggia.
Ora che davvero è arrivata di lei non so niente, mi sento solo sospeso nel vuoto, come in attesa.
La morte, la mia in particolare, devi sapere non mi ha mai spaventato,
“Verrà la morte e avrà i tuoi occhi,
questa morte che ci accompagna
dal mattino alla sera, insonne,
sorda, come un vecchio rimorso
o un vizio assurdo.”
Versi di Cesare Pavesi che ogni tanto leggevo per ricordarmi che la morte era lì accanto a me a farmi compagnia come tanti altri miei pensieri.
“La morte verrà all'improvviso
avrà le tue labbra e i tuoi occhi
ti coprirà di un velo bianco
addormentandosi al tuo fianco
nell'ozio, nel sonno, in battaglia
verrà senza darti avvisaglia
la morte va a colpo sicuro
non suona il corno né il tamburo.”
Un altro grande poeta Fabrizio De Andrè e anche questi versi mi hanno fatto compagnia.
L’unica cosa che della morte mi ha sempre “disturbato” è stato pensare di non poter sapere come poi andrà a finire, sai sono curioso e non sapere quello che ci sarà dopo, dalla parte dei vivi, mi dispiace.
Invece del mio dopo la morte non mi è mai interessato, ho sempre pensato che se non c’è Dio, o comunque “un’autorità ultraterrena”, le mie ceneri, spero ti sarai ricordato di cremarmi, sarebbero diventate sempre più polvere e la mia anima sarebbe rimasta a vagabondare in qualche dimensione. Se invece Dio esiste credo che avrebbe soppesato le mie azioni da vivo e scelto per me una collocazione per la mia anima.
Non ho mai vissuto pensando al dopo, se ho voluto fare qualcosa l’ho fatta. L’unico principio che ha ispirato le mie azioni è stato il rispetto degli altri. Soprattutto se gli altri erano più deboli di me, a volte mi sono quasi annientato per gli altri, forse potrei dire di non aver avuto rispetto di me pur di salvaguardare gli altri.
Non sempre questo è stato capito e non so quanti l’hanno apprezzato, ma ad essere sincero di questo a me, caro Francesco, non me ne frega niente.
Chissà che peso avrà questo sulla sua bilancia e chissà quanto peseranno certe mie idee. Il rispetto degli altri vuol anche dire per esempio permettere a due omosessuali di sposarsi, il diritto a volersi bene non può essere solo degli eterosessuali e anche tanti altri diritti.
Forse tra un poco saprò come saranno pesate le mie idee e le mie azioni.
Non so se sono stato un buon papà e quali esempi della mia vita potranno esserti utili. Io non ti ho mai considerato mio, nel senso di mia proprietà. Non ho mai pensato di dover scegliere io per te o importi comportamenti, sin da quando con tua mamma mi sono assunto l’impegno di farti nascere, ho creduto che tu appartenessi solo a te stesso. Darti la vita è stato un modo per proiettarti verso il futuro al quale io non avrei potuto appartenere e al quale non apparterrò, forse proprio perché i figli sono il futuro sopravvivere ad essi è qualcosa di tragico, è come togliere un pezzo di futuro.
Non so quanto ti ho lasciato e se il mio ricordo potrà servirti a qualcosa, ma sappi che ti ho sempre voluto bene.


Con affetto, papà. Condividi